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Zerla: il riflesso del lago

Due anni è durata la navigazione sul Lago Maggiore e Lago d’Orta da parte di Walter Zerla, rotariano del RC Orta S.Giulio, di professione fotografo industriale, per diletto e meditazione skipper. L’input lo ricevette dal suo cardiologo, dopo un infarto, che gli impone di rallentare la velocità della sua vita e il numero di impegni. La sfida venne accettata e per due anni la prua della barca solcò le acque dei due laghi e il suo obiettivo rubò tramonti, scorci suggestivi, la fatica dei pescatori, l’elegante corteggiamento dei cigni, lo zampillo delle fontane. Immagini che fissate su quello sfondo ambrato he le caratterizza e che rende l’immagine soffusa, riservata, quasi una emozione trattenuta. La sua traversata, che  si è avvalsa di una macchina fotografica e di un moderno drone, ed è stata raccolta in 170 scatti nel volume “Lago Maggiore e d’Orta in barca a Vela”.

Ma insieme a questa traversata emozionale si è sovrapposta anche una finalità scientifica, in collaborazione con il Cnr di Pallanza, per raccogliere i dati istantanei e vitali del lago nel corso delle stagioni e il mutare dei fragili equilibri dell’ecosistema nelle diverse zone dei due laghi.

Numerosi gli sponsor hanno sostenuto questo impegno. Fra questi le Rubinetterie Fantini di Pella per la sensibilità di Daniela Fantini, socia a sua volta del RC Orta, e il sostegno di Marina Marcella Manca, direttore dell’Istituto per lo Studio degli ecosistemi di Pallanza, che ha definito questo progetto pilota, “il primo a livello europeo, in cui speciali sensori, adatti per l’attività in acqua a lungo termine, sono stati posizionati sulla chiglia per il monitoraggio delle acque,  permettendo una raccolta dati, come mai prima d’ora, in tempo reale ed in modo continuativo grazie ad un collegamento via radio ai laboratori del CNR”.

E’ poi intervenuto un altro navigatore questa volta nel campo della solidarietà: Giovanni Mairati, fondatore dell’Associazione Casa Alessia, che ne ha presentato la storia. Tutto ha avuto inizio dallo slancio umanitario della figlia Alessia che, sedicenne, volle realizzare un sogno: aiutare i bambini indigenti e bisognosi. Durante il suo soggiorno in Equador ebbe un grave problema che mise a rischio la sua vita. Uscita dal coma e in procinto di rientrare con la madre in Italia, ebbero un incidente aereo  in cui persero la vita.

Il padre Giovanni volle dare continuità al sogno di Alessia fondando l’Associazione che porta il suo nome “Casa Alessia” con lo scopo di dare una casa ai bambini senza tetto  in Ecuador . Cui seguì un’altra realizzazione a Novara, “Casa Angsa” per i bambini autistici e in Burundi, a Masango, sull’onda dell’iniziativa del RC Orta S. Giulio, che aveva realizzato un ospedale, che venne completato con la realizzazione di un orfanotrofio, anch’esso col nome della figlia.

Un modo concreto per dare continuità al suo sogno.