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Cicatrici dorate

Chiara Lorenzetti, restauratrice d’arte e artista di kintsugi a Biella, specializzata in restauri conservativi ed estetici su ceramica, legno dorato e altri materiali, è stata ospite del club lo scorso 16 gennaio. La relatrice, formatasi professionalmente nell’Istituto per l’Arte e il Restauro “Palazzo Spinelli” di Firenze ha illustrato le principali tecniche di restauro con questa arte giapponese, che sposa resilienza e poesia.

L’idea è che le rotture e le riparazioni non debbano essere nascoste, ma esaltate come parte della storia e della bellezza dell’oggetto, che in questo modo diventa unico, più prezioso e bello, grazie alle sue cicatrici dorate.

Molto interessante la spiegazione della tecnica che si avvale dell’urushi, una speciale lacca giapponese e di polvere d’oro, argento o platino, per riparare ed evidenziare le linee di frattura.

Occorre molta precisione e calma per affrontare i vari pezzi e unirli con la lacca, spolverata delicatamente con polvere d’oro, lasciata ad asciugare ed infine lucidata per ottenere una finitura liscia e brillante.

Ma il kintsugi non è solo una tecnica di riparazione, ma un’espressione artistica che abbraccia la filosofia dell’imperfezione. Le crepe dorate non solo riparano l’oggetto, ma ne raccontano la storia e ne esaltano la bellezza.

Questi concetti possono essere trasferiti nella nostra vita  come capacità di accettazione del cambiamento invitandoci ad accogliere i difetti e a vedere la bellezza anche nelle cicatrici e nelle imperfezioni della vita.

Accettare l’imperfezione può avere un impatto psicologico molto positivo perché aiuta a liberarsi dalla necessità di dover essere perfetti in ogni aspetto della vita, imparando a vedere le sfide e i fallimenti come opportunità di crescita, piuttosto che come sconfitte.

Accettare l’imperfezione insegna ad essere più indulgenti con se stessi, a riconoscere che le imperfezioni della vita sono ciò che la rendono interessante, significativa insegnando a sentirsi a proprio agio, così come si è, capaci di seguire le proprie passioni ed interessi, senza paura del giudizio.

Nel corso della serata è stata introdotta anche la filosofia del Wabi-sabi. Il termine è composto da due parole: wabi, che si riferisce alla semplicità rustica e alla serenità, e sabi, che suggerisce la bellezza che deriva dall’usura del tempo. Un concetto estetico e filosofico che abbraccia la bellezza dell’imperfetto, dell’incompleto, del temporaneo, delle trasformazioni come parte essenziale del viaggio umano.

Un insegnamento molto opportuno alla nostra cultura impregnata della necessità della bellezza e del successo ad ogni costo.